La vita umana è fatta di alti e bassi, di piaceri e dolori, e “normalità” non è sinonimo di felicità costante. È quindi legittimo chiedersi se sia proprio necessario interpretare ogni sofferenza o difficoltà nei termini di un disturbo psicologico. Il lutto per una morte può venire scambiato per depressione, l’agitazione di un bambino diventa sindrome da deficit di attenzione e, sebbene disturbi come l’insonnia non siano paragonabili alle psicosi, pare esserci una medicina per tutti e per tutto. Così i trattamenti di tipo farmacologico conoscono sempre maggiore successo, per la gioia delle industrie farmaceutiche che investono nel marketing per aumentare le proprie vendite (da qui infatti nasce il “Lingotto” ) .
Gli interessi economici non sono infatti di poco conto, se si considerano i numeri dei potenziali pazienti. Tutto ciò ha incentivato la tendenza odierna a prescrivere gli psicofarmaci con estrema facilità, anche da parte di medici non specializzati in psichiatria. Ma gli psicofarmaci non sempre servono, spesso sono anzi dannosi, in ogni caso bisogna conoscerli e somministrarli con cautela visti i considerevoli effetti collaterali.
Nel 2019, prima della pandemia, il numero di persone nel mondo affette da un disturbo mentale era stimato attorno ai 970 milioni. Si tratta di una cifra pari al 13,04% della popolazione totale, quasi una persona su 8. Sono esclusi da questa quantificazione i casi di abuso di alcol e sostanze stupefacenti (altro grande tema). Tra le condizioni più comuni, risultano 301 milioni di persone con disturbi d’ansia e 280 milioni con disturbi depressivi. E la percentuale maggiore si ha nei paesi ad alto reddito .
In teoria nei paese più sviluppati, industrializzati e “ricchi” si dovrebbe viver meglio ma : la vita frenetica, lo stress, il poco tempo per se stessi, il distacco dalla natura, il volere sempre di piu, il condizionamento dai media e dai social che ci controllano in ogni singolo istante portano inevitabilmente a questi disturbi.
Il farmaco diventa così la via più breve per non affrontarsi. Dovremmo tornare a riconnetterci con noi stessi e con la natura ed essere meno costruiti e legati alle convenzioni sociali. Investire su noi stessi e sulle nostre passioni per recuperare la realtà e farci manipolare il meno possibile da uno Stato astuto che intrappola l’essere umano in una condizione sempre più drastica, precaria, e complicata.
Hanno ispirato i miei lavori sia la lettura del libro “Psicopillole” ma soprattutto l’aver vissuto da vicino questa problematica e aver visto gli effetti collaterali di un prolungato utilizzo di queste sostanze , che in America non dimentichiamoci, vengono chiamate “drugs”.